Da un articolo della rivista on line Appalti&Contratti del 23/08/2021, di Paolo Capriotti

Il termine prefissato per l’esecuzione dell’opera pubblica coincide con il tempo di adempimento delle obbligazioni assunte dall’appaltatore con la stipula del contratto d’appalto.

Dipende da tale termine l’applicazione di penali da tardato adempimento,  conseguenti risoluzioni del contratto al maturare di un ritardo limite, la concessione di eventuali proroghe da parte della stazione appaltante, l’applicazione di premi di accelerazione (condizione riproposta dalle novelle normative oltre che dallo schema di regolamento del Codice).

Il termine prefissato per la conclusione delle prestazioni investe perciò sia l’impresa esecutrice, che deve organizzarsi al meglio per rispettare tale vincolo, sia la stazione appaltante che deve definire a priori un termine di espletamento ragionevole e proporzionato per consentire l’espletamento.

La stima della durata dei lavori è legata a più fattori e in particolare: alla capacità organizzativa dell’impresa, alle risorse umane da impiegare per il congruo sviluppo della produttività della manodopera e quella di approvvigionamento dei materiali da costruzione.

In un determinato cantiere possono, infatti, operare più maestranze e mezzi, si può prevedere doppio e triplo turno con lavoro sette giorni su sette, l’approccio all’impiego delle risorse può poi essere su numero fisso o flessibile (anche in forza all’impiego di forze esterne illimitato consentito oggi dalle riforme sul subappalto).

Per l’approvvigionamento invece le imprese possono avere determinate scorte in magazzino o possedere particolari rapporti commerciali che consentano la messa a disposizione dei materiali immediata, o viceversa potrebbero non avere una pronta disponibilità del materiale, si pensi al particolare momento storico caratterizzato dalla totale irreperibilità di materie prime per l’edilizia, in primis del legno.

Il tempo di esecuzione dei lavori è quindi caratterizzato da incertezza ed è quindi di difficile stima per la stazione appaltante che potrebbe valutarlo in maniera differente.

Prendendo per assodato che l’interesse assoluto della stazione appaltante sia quello di terminare il prima possibile i lavori, vien da chiedersi, a fronte della flessibilità descritta, se nei confronti di una ipotetica e fattibile  data di termine dei lavori sia più corretto stimare i tempi di adempimento in maniera cautelativa, sovrastimandoli, sperando nella collaborazione dell’impresa ad accelerare il lavoro, o se piuttosto stimare in via ottimistica la durata, sottostimando i tempi, trovandosi poi con il rischio concreto di non rispettare la scadenza.

Si ritiene che per raggiungere il risultato sperato di massima contrazione il tempo di svolgimento delle prestazioni debba essere posto un limite temporale “sfidante” per l’impresa e contratto nel tempo, creando così una positiva tensione psicologica sull’appaltatore non facendolo distendere su margini temporali troppi lunghi.

La contrazione dei tempi deve comunque consentire la realizzabilità, tempi palesemente troppo ristretti procureranno un dannoso convincimento nell’operatore economico che, a fronte di un ordine aprioristico non eseguibile, riterrà di poter superare tali scadenze nell’impunità.

Nel calcolo del tempo necessario posto a base contrattuale, deve presupporsi allora una buona organizzazione aziendale, l’impiego di forza lavoro sovrabbondante rispetto alle necessità e un’ottima capacità di approvvigionamento dei materiali, con ciò senza cadere in illogicità e sempre traguardando alla sicurezza, quale obiettivo da raggiungere evitando esasperate interferenze, e allo sperpero di manodopera, quale criticità da evitare ai fini di non dover riequilibrare in corsa i rapporti economici.

La definizione del congruo termine di espletamento resta in ogni caso clausola fondamentale del contratto d’appalto: un termine irragionevolmente troppo compresso porterebbe sicuramente la stazione appaltante a prorogare i tempi sottoponendo la stessa al rischio di un’evidente richiesta risarcitoria per protrarsi illegittimo dei lavori, lo stesso art. 107 comma 5 lo statuisce, o che si possa contestare specularmente una modifica illegittima dei rapporti contrattuali originari, potrebbe poi accadere che il “termine impossibile” possa far cadere la clausola temporale in nullità.

Tempi troppo ampi producono invece un danno economico da mancata messa a disposizione della pubblica utilità dell’opera al servizio dei cittadini, difficile da credere che l’impresa si possa impegnare egualmente a comprimere i tempi di riconsegna dell’opera a fronte di un mancato obbligo espresso.

La stazione appaltante deve dotarsi di strumenti idonei a stimolare l’impresa a realizzare i lavori nei tempi previsti, adottando un sistema deciso di controllo e di applicazione di penali/incentivi.

La maggior causa della dilatazione dei tempi da parte dell’appaltatore è da riscontrarsi nel fatto che chi pianifica è spesso più ottimista che realista, si ritiene che uno strumento formidabile per evitare la sottovalutazione dei tempi da parte dell’esecutore sia quello di prevedere un controllo di avanzamento delle attività su scadenze intermedie parziali, mantenendo un controllo costante sul tempo disponibile rimanente per l’esecuzione dell’attività fino al suo completamento.

Al contrario non sembra utile il metodo impiegato il più delle volte dalle stazioni appaltanti di verificare il controllo di adempimento a una sola scadenza prefissata allo spirare del tempo massimo, consentendo così un cumulo notevole di ritardo per l’appaltatore inadempiente che vanifica ogni azione correttiva, anche la stessa risoluzione in danno appare in tal caso insoddisfacente: è ormai troppo tardi per intervenire poiché il tempo previsto per la realizzazione dell’opera è irrimediabilmente superato.

Meglio sarebbe controllare su più scadenze intermedie il rispetto dei tempi di adempimento, blindando il rispetto su tali milestone con applicazioni di penali da ritardo o premi di accelerazione intermedie.

In caso di inadempimento nei tempi con scadenze parziali la stazione appaltante avrebbe tempo di applicare azioni correttive come ad esempio pretendere che l’appaltatore recuperi il tempo perso aumentando le produttività oppure avviare la risoluzione in danno del contratto favorendo in tempo utile il subentro di altro operatore.

Al fine di poter adottare idonee misure correttive, è assolutamente differente prendere atto del ritardo accumulato in corsa piuttosto che allo spirare dei tempi previsti dei lavori.

Altro vantaggio, nel fissare delle milestone per la verifica dei tempi di esecuzione, è quello di mettere pressione all’appaltatore che non potrà sottovalutare le scadenze più del dovuto poiché potrà al più tardare il raggiungimento della realizzazione dei lavori su una fase.

Da evidenziare che l’applicazione di penali da tardato adempimento e/o applicazione di premi di accelerazione sono strumenti che richiedono un’idonea fissazione del termine di svolgimento lavori, predeterminare una tempistica inverosimile può sottoporre la stazione appaltante a un contenzioso per l’applicazione di un’ingiusta penale oppure al rischio di inciampare sul danno erariale per l’applicazione di un premio di accelerazione immeritato.

Per le ragioni descritte si ritiene che una combinazione utile a contenere i tempi di esecuzione per la realizzazione dell’opera pubblica possa essere la seguente:

– adozione di un termine “sfidante” ben sostenuto da analisi tecniche;

– fissazione di verifiche intermedie temporali fitte;

– impiego di penali/premi accelerazione su ogni tappa intermedia;

– previsione, in caso di ritardo, di riallineamento del cronoprogramma attraverso l’aumento della produttività a pena risoluzione;

– risoluzione del contratto in danno già dall’accumulo di ritardo nelle prime tappe (in ogni caso il meccanismo di risoluzione deve essere meno stringente e rigoroso oltre la fase intermedia quando il subentro di altro operatore potrebbe essere controproducente);

– regolamentazione rigorosa delle proroghe dei tempi di svolgimento già nella documentazione contrattuale affinché l’appaltatore non possa illudersi di ottenere una proroga per casi non contemplati (si pensi alla difficile reperibilità delle materie prime in particolari momenti storici che potrebbe essere esclusa dalle cause di possibili proroghe, imponendo così che l’appaltatore si approvvigioni per tempo delle materie necessarie);

– prevedere un sistema che eviti la ricaduta in varianti in corso d’opera, quale causa più frequente di proroga dei tempi, prevedendo una snella ed estensiva disciplina di “non variante” per aspetti di dettaglio in capo al direttore dei lavori e “opzioni e rinnovi” con cui gestire le variazioni prevedibili del contratto e con cui magari reimpiegare eventualmente le economie di gara senza ulteriori esperimenti.